A San Martino ogni mosto diventa vino

La pigiatura dell'uva di Cà del Cuk nella nostra cantina per la vendemmia 2015
La pigiatura dell’uva di Cà del Cuk nella nostra cantina per la vendemmia 2015

La leggenda del mantello di San Martino è molto antica e non si sa quando sia stata associata dalla memoria popolare e contadina al bel periodo che caratterizza la seconda decade di novembre che chiamiamo Estate di San Martino.

Vissuto nel IV secolo, Martino era nato in Ungheria. Il padre, ufficiale dell’esercito romano, aveva dato al figlio il nome di Martino in onore di Marte, Dio della Guerra. La famiglia si trasferì dapprima a Pavia dove, all’età di quindici anni, Martino entrò nell’esercito. Da Pavia venne inviato in Gallia e qui si convertì al cristianesimo e divenne monaco nella regione di Poitiers.

L’episodio del mantello avvenne quando Martino era ancora un soldato. Dopo aver ricevuto in sogno la visita del Signore, Martino prese i voti e si adoperò per la conversione al cristianesimo delle popolazioni galliche. Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero vescovo della loro città. L’11 novembre si festeggia la data della sepoltura di San Martino e la basilica a lui dedicata nella città di Tours fu a lungo meta di pellegrinaggi medievali.

In Italia San Martino è patrono di Belluno e di un centinaio di altri comuni. Il culto del Santo è tanto amato che si perde il conto delle feste a lui dedicate. La popolarità è confermata anche dai moltissimi proverbi dedicati a San Martino e alla festa dell’11 novembre: ”a San Martino uccidi il maiale e bevi vino”, “a San Martino ogni mosto diventa vino”.

Un tempo l’11 novembre segnava per i contadini la fine di un anno di lavoro e il momento in cui scadevano i contratti agrari. Se il padrone chiedeva ai contadini di non rimanere per l’anno successivo questi dovevano traslocare e andare alla ricerca di un nuovo padrone e di un nuovo alloggio. Da qui il detto “fare San Martino”, divenuto sinonimo di traslocare.

Prima di partire si faceva una grande mangiata di arrosto di oca o di tacchino e tra i piatti tipici di questo periodo non mancavano quelli a base di maiale. La tradizione racconta infatti che i contadini, in occasione della fine dei contratti agricoli, pagassero l’affitto della terra al padrone in parte con la carne dei maiali che allevavano e macellavano proprio durante i giorni dell’estate di San Martino. Il clima mite di questi giorni permetteva infatti una ottima macellazione delle carni.

Alla scadenza dei contratti si aprivano anche le botti per assaggiare il primo bicchiere di vino novello accompagnato alle castagne e ai dolci tipici del periodo.

Ogni Regione italiana ha le sue usanze e le proprie rievocazioni storiche della leggenda del Santo e ogni città o borgo festeggia l’Estate di San Martino che “dura tre giorni e un pochinino” con sagre, eventi, feste che hanno come comun denominatore il vino, le castagne, i funghi, l’olio, le frittelle, i biscotti e centinaia di altre specialità.

Fonte: Gustosamente.com

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